Settimo Giorno
Magna Terra
Hereditas
Insurrecta
Passage
Matière Noire
Hierarchie
Animal
Merci
Hereditas
Insurrecta
Temperaments
Non Plus Ultra
Matière Noire
Colera
Cenere
Ubiquitas
Animal
Merci
Settimo Giorno
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CHRYSALIS

A cura di Helena Pereña

Borondo ha progettato l’impalcatura della facciata principale del museo VILLA STUCK durante i lavori di ristrutturazione. Il dipinto bianco e oro avvolge come una pelle traslucida la casa del famoso artista, alludendo a molte cose e mostrando temi che sono profondamente radicati nel mondo artistico di Franz von Stuck e allo stesso tempo portano la firma di Borondo. Figure mitologiche come fauni e centauri, elementi dionisiaci e motivi che ruotano attorno a Eros e Thanatos trovano nuova vita in un’interpretazione contemporanea. Attraverso sottili cambiamenti nel simbolismo, Borondo capovolge il concetto manicheo di genere di Stuck e incoraggia la riflessione al di là dei tradizionali cliché di genere a livello individuale e sociale.

La facciata velata si erge come un altare urbano sopra Prinzregentenstrasse – un omaggio visionario alla Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale) di Franz von Stuck. Il titolo “Crisalide”, nome biologico dell’involucro pupale a macchie dorate di alcune farfalle, si riferisce a un processo di trasformazione continuo. Tuttavia, il rovescio della medaglia rivela solo una parte del segreto. Nel museo, come nelle immagini dell’artista, qualcosa di nuovo sta maturando: una metamorfosi continua che combina la trasformazione del museo con il potere trasformativo dell’arte e preannuncia possibilità per il futuro.
Progetto di squadra:
Assistente dell’artista: Claudia Rodríguez
Assistenti al progetto: Daniel Aguado e Arturo Amitrano
Media sociali: Chiara Pietropaoli
Grafica IG e web di Borondo: Oriana Distefano
Foto modello di: Gazo estudio fotografico
Responsabile del progetto: Gina Aguiar

Crediti foto ©Roberto Conte Crediti video ©Matteo Berardone (installazione e finale) e ©Juan Carlos Gargiulo (work in progress)

TEMPO PERSO

T.S. Eliot ha scritto che “solo attraverso il tempo si conquista il tempo”.
Tempo Perso, concepito come intervento nello spazio di Foro Buonaparte 68 della Galeria Tempesta, si configura proprio come un tentativo di riconquistare il presente dopo aver riconosciuto l’esistenza di un tempo senza tempo nella contemporaneità, che, incapace di uscire da sé, non può rendere conto del passato.

Tempo Perso, concepito come intervento nello spazio di Foro Buonaparte 68 della Galeria Tempesta, si configura proprio come un tentativo di riconquistare il presente dopo aver riconosciuto l’esistenza di un tempo senza tempo nella contemporaneità, che, incapace di uscire da se stesso, non può rendere conto del passato. L’opera, concepita appositamente per lo spazio della galleria, è un’articolazione di un “tempo perduto”, un tempo non capitalizzabile, relazionale ed essenzialmente storico. È un tempo di svago e contemplazione, nonché di riconsiderazione e rivalutazione del passato. Questo tempo, pieno, saturo, capace di dispiegarsi e di rendere conto del palinsesto di epoche, eventualità ed eventi che lo spazio racchiude, appare nella stanza sotto forma di rete. Questa struttura informa un’installazione monumentale che, progettata con materiali leggeri, si oppone formalmente alle caratteristiche che contraddistinguono i monumenti tradizionali. Questi, spesso costruiti con materiali pesanti ed eretti per commemorare un evento eccezionale, tendono alla concretezza e alla forte presenza. L’installazione, i cui riflessi e le cui ombre creano un’atmosfera eterea, non guida lo sguardo dello spettatore, né traduce la memoria di un singolo evento, rendendo così impossibile la creazione di una narrazione temporale lineare e risoluta. Inoltre, il pubblico trova lungo il percorso anche dei piedistalli che, ormai vuoti, si aspettano di contenere le icone di un potenziale stato di cose, intuibile tra gli strati temporali accumulati nello spazio.
È così che Tempo Perso trasmette, allo stesso tempo, una disarticolazione e uno sguardo sul futuro, sedimentando nella latenza e generando le possibilità per la gestazione di un presente alternativo. Da dicembre 2023 a marzo 2024.

Un ringraziamento speciale a Sintesis Digital, 56fili, Pablo Herguedas, Rikyboy, Mace, Gaetano Pullano, recipient.cc e Alessandro Disingrini.

Crediti foto ©Roberto Conte e ©Giorgio benni Crediti video ©Matteo Berardone

TERROIR

Terroir tratta la storia di Boulogne-sur-mer, una città costiera nel nord della Francia che negli ultimi anni, grazie alla sua posizione sulla Manica, è diventata un porto di arrivo per gli immigrati che cercano di raggiungere l’Inghilterra o di entrare in Europa.Terroir deals with the history of Boulogne-sur-mer, a coastal city in northern France that has become, in recent years and because of its location on the English Channel, a port of arrival for immigrants trying to reach England or to enter Europe.

Il murale, che occupa le facciate di due case situate ai lati di una delle strade del paese, pone una riflessione sulla condizione essenzialmente dislocata dell’immigrato, di colui che abbandona la propria terra e le proprie radici, rischiando la frammentazione. Si pone l’accento sul corpo esposto dell’immigrato, messo a rischio non solo per il pericolo che comporta l’imbarco su una piccola imbarcazione, ma soprattutto per la vulnerabilità che deriva dalla perdita dei propri riferimenti e della propria cultura.
La dislocazione riprodotta da uno dei murales, in cui una testa appare separata dal corpo, allude alla soggettività dislocata degli occhi dei migranti che intendono comprendere la loro nuova realtà dalla prospettiva del loro paese d’origine.
Accanto, un secondo murale mostra un busto trafitto da pietre, in riferimento alle rocce che il governo francese ha collocato sulle spiagge della regione, in un chiaro segno di architettura ostile che cerca di impedire agli immigrati di pernottare o addirittura di attraccare sulle spiagge.

Con l’assistenza di Pablo Herguedas.

ÚTER

Úter prende forma in uno dei capannoni industriali del Konvent PuntZero, un ex convento di suore di fine Ottocento oggi trasformato in un centro artistico multidisciplinare.
In Úter, Borondo
L’intervento è stato realizzato in una delle fabbriche tessili abbandonate comprese nel complesso, dove l’artista riabilita la vecchia sala di tintura all’interno di uno dei magazzini abbandonati per trasformarla in una cattedrale contemporanea che sacralizza il processo artistico.

All’interno dell’installazione sono state installate sei enormi vetrate che inondano lo spazio con una luce calda che cambia con la luce del sole. Stabilendo un dialogo con la tradizione gotica catalana e superando la convenzione di utilizzare le vetrate in modo pedagogico, queste contribuiranno a creare un ambiente che agisce come un liquido amniotico. Parziale, indefinito e potenzialmente caotico, Úter è uno spazio vitale che è anche saturo di innesti grazie alle piante che germogliano al suo interno e nella sua agorà.
Così, è attraverso riferimenti tradizionali come la cattedrale, l’agorà o la serra, che l’opera propone una nuova ontologia relazionale, generando un’atmosfera catalitica di nuovi modi più creativi di esistere e vivere insieme. Un utero gravido, che permette di prendersi cura della radice di ciò che non è ancora nato, di prendersi cura di ciò che potrebbe mai essere possibile. Un rifugio che, lungi dal favorire la fuga o la stasi, è un invito al movimento, facilitando così il dialogo e l’incontro con il sé, con l’arte e con gli altri sempre basato sulla cura. In contrasto con il passato mercantile e produttivo dell’edificio, Borondo propone un’architettura relazionale concepita lontano dal macchinismo. Riallineando la vita con la vita.

Un ringraziamento speciale a Konvent e a tutte le persone che hanno reso possibile tutto questo

Foto ©Ana Benet

REJAS

Rejas è il risultato di un workshop che Gonzalo Borondo ha realizzato attraverso l’Art Exchange Festival e nel quale ha coinvolto giovani artisti de La Habana, Cuba.

La proposta iniziale, di creare un’installazione site-specific nel quartiere di San Isidro, è concepita nell’arco di diversi giorni in cui Borondo condivide tempo, conversazioni e passeggiate con gli artisti, cercando di conoscere la realtà politica e sociale del Paese.
L’installazione risultante consiste in un tessuto sottile e traspirante su cui è stampato il motivo di una grata, in allusione alla forte presenza di grate nella zona. Allo stesso modo, questa struttura disegna, allo stesso tempo, un limite e la possibilità di trasgressione, sollevando una domanda sull’isolamento e l’esclusione che allude alla realtà di Cuba e al rapporto teso mantenuto con gli Stati Uniti.
Così, il negativo del disegno viene stampato sul pavimento con vernice nera attraverso un processo collettivo. Il tessuto, che dopo essere stato usato come stencil riproduce i contorni di una recinzione, è sospeso a un incrocio stradale. Il sole può essere visto attraverso di esso e l’ombra che proietta sul terreno acquisisce caratteristiche opposte a quelle di un’inferriata: il riflesso ondeggia con il vento, apparendo come qualcosa di mobile e dinamico, che può essere attraversato. L’opera propone anche un ritorno alla comunità quando funge da tenda da sole in una zona, La Habana, spesso colpita da intense ondate di calore. Rejas genera quindi uno spazio ombreggiato, offrendo agli abitanti del quartiere un luogo di riposo.

Foto e video ©Nico Chiaravalloti

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SUBSTRATUM

In occasione del festival Fotografia Europea, l’artista assume il linguaggio fotografico in uno sviluppo progettuale che restituisce una dimensione installativa.
L’uso esclusivo della fotografia in un progetto è un’anomalia nella ricerca di Borondo; una sfida formale e concettuale per chi vede l’arte più come esperienza che come oggetto. Borondo insiste sul concetto di identità raccogliendo immagini dall’archivio personale e collettivo, intercettando l’eco della storia. Le opere stampate su materiali semitrasparenti favoriscono una compenetrazione spaziale e temporale dei piani, come un diorama capace di restituire una volumetria, una profondità storica e identitaria.
Un modo per ripensare e ricostruire la memoria, oltre che per incoraggiare lo sguardo dell’artista e di chi guarda verso un nuovo orizzonte.
Testo della mostra di Veronica Santi
dal 29 aprile al 25 giugno 2023

In collaborazione con 56fili e Studio Luce.
Con l’assistenza di Irene Zottola e Pietro Melchionda di Sintesis digital.

Special thanks to Veronica Santi, 56threads, Irene Zottola, Studio luce, Síntesis digital and Pietro Melchionda

Foto ©Fabrizio Cicconi

GESTAZIONE SERIES

PPI & Partners in collaborazione con SPAZIOC21

Crediti foto ©Fabrizio Cicconi e ©Alessandro Bonori

Borondo parte da uno dei testi narrativi più antichi al mondo, e senza dubbio uno dei più straordinari, il libro della Genesi, per rivisitare sensorialmente i primi sei giorni della creazione.
In “Settimo Giorno” culmina un lungo processo creativo che Gonzalo Borondo ha saputo intrecciare con la peculiare struttura interna dell’Ex Chiesa di San Mattia, senza trascurare i suoi punti di meditazione, quiete e silenzio.
Per la prima volta in questa mostra, l’artista spagnolo utilizza il video come principale mezzo espressivo: più di sessanta video sono collocati nelle sei cappelle e nell’altare per raccontare visivamente i sei giorni del mito della creazione. I video – quasi un migliaio di fotogrammi in cianotipia, manipolati manualmente -, realizzati con tecniche di sviluppo analogico e combinati con l’attuale tecnologia 3D, rappresentano una transizione tra il passato e il presente e viceversa, sia tecnicamente che concettualmente.
Queste creazioni visive sono integrate negli spazi architettonici, sovrapponendosi ad essi e ricreando una sorta di dialogo non convenzionale tra patrimonio e creazione contemporanea.
In “Settimo Giorno”, la parola modella in modo simile gli spazi della Chiesa di San Mattia attraverso la poesia di Ángela Segovia (Premio Nazionale di Poesia in Spagna), l’autrice dei brani di testo registrati che, sussurrati da lei stessa, lo spettatore sentirà nei diversi spazi, accompagnati dalle note velate della compositrice Irene Galindo Quero (vincitrice del Berlin-Rheinsberger Kompositionspreis).
All’interno della chiesa, immagini, video e suoni raccontano gli abissi della sensazione di trasformazione e accelerazione che domina la contemporaneità, contrapponendola a una possibilità di riposo, un’immaginaria “antigenesi”, un limbo in cui la distruzione, di cui la creazione ha inesorabilmente bisogno, si ferma. Settimo Giorno, Ex Chiesa di San Mattia, Bologna (Italia), 2023 In collaborazione con la Galleria MAGMA Suono di Angela Segovia e Irene Galindo 3D Supporto video di Jesus Vielba, Montaggio video di Pietro Melchionda Crediti foto ©Roberto Conte Crediti video ©Matteo Dell’Angelo

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GALLERY EXHIBITION

Queste opere, frutto dell’immersione in un approfondito processo videografico, sono realizzate con una nuova tecnica sviluppata dall’artista. Attraverso la stratificazione di reti e l’uso esclusivo del bianco e del nero, Borondo crea bassorilievi, illusioni di volumi che generano narrazioni, muovendosi tra pittura e scultura.
Da febbraio a marzo 2023

Foto ©Elena Andreato

DISCESA

“Alla Natura. L’azione artistica come ultimo rito magico e salvifico”, a cura di Alessandra Carini e Benedetta Pezzi
Strati di memoria. Frammenti inventati di un tempo che non esiste più lasciano intravedere esperienze altrui, passaggi eterni temporaneamente perpetuati tra le sue mura.
L’apparente opulenza incontra il suo conseguente deterioramento. Una metafora del presente.
Una presenza del passato.
Una delle tre installazioni realizzate per ALLA NATURA, presso Palazzo San Giacomo, Russi (Ravenna) – Luglio 2022

Foto ©Roberto Conte

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